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Il Califfo dette a Francesco alcuni simboli, che sono stati considerati dei semplici, anche se un pò strani "regali", ma che in realtà mostravano ai mussulmani d'oriente che Francesco era "Uno di Loro", un Maestro Errante, come i pellegrini Sufi,che avevano l'abitudine di girare per i villaggi, raccontando ai bambini.,che correvano ad accoglierli ,delle storie legate ad un personaggio mitico chiamato "asrudin", che appare come "il fesso del villaggio", che tutti prendono in giro, ma dietro il quale si nasconde un saggio che, attrverso metafore e fiabe, insegnava regole e comportamenti reciproci da seguire
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"il nodo occulto che lega queste tre figure è senz’altro lungi dall’essere sciolto in maniera definitiva", anche grazie a coloro -come è avvenuto del resto per Celestino V e per la Basilica di Santa Maria di Collemaggio- che, con innegabile solerzia nel corso della storia, si dettero da fare affinché sparissero documenti e manoscritti, oltre ad oggetti consacrati e importanti e insostituibili reliquie. Per comprendere la vera natura e qualità dei rapporti tra Francesco ed Elia e tra di loro con l’imperatore Federico II e con il Sultano di Egitto Malik el-Kamil, sarebbe indispensabile ricostruire la loro storia e il succedersi degli eventi, distorti e nascosti dopo tanti secoli di oscurantismo e di voluto mimetismo storico (così afferma il Dallari nella suo libro dedicato alla figura di Elia, non a caso intitolato Il dramma Frate Elia, Milano, 1974). Due "cavalieri della Luce", a due veri "guerrieri dell’arcobaleno", sicuramente due "Elefanti Bianchi", come "Malik", l’elefante ricevuto in dono da Federico II da parte del Califfo di Egitto e che, non a caso, portava il Suo nome. In realtà, ne sono trascorsi solamente >800< di anni. Ce ne vorranno sicuramente altri >88< perché questa "verità", difficilmente confutabile, appaia nuovamente nello "Specchio della Storia", permettendo di rileggere con diversa prospettiva ed angolatura "i gesti" compiuti di frà Elia quel 25 maggio 1230, data alla quale, sempre per un caso fortuito, mi unisce un altro legame altrettanto intenso e profondo, ricorrendo l’anniversario della nascita di mia figlia Eleonora, alla cui Tesi di laurea "Corpo, Mente, Cuore, nuove sinergie nella formazione contemporanea" mi sono tanto ispirato nell’articolare questo Sito e con la quale sto lavorando da tempo su un progetto comune > scrivere a due mani un libro "Alla scoperta dell’intuizione", i cui primi indizi, appena abbozzati, sono allegati al capitolo dedicato alla "Massoneria iniziatica" e che vorremmo intitolare, appunto, "Un innocente condannato al carcere a vita". La stessa condanna è capitata a frà Elia, che si è assunto la responsabilità di un delitto mai commesso, facendosi condannare all’esilio e all’oblio, pur di non rivelare dove e perché aveva nascosto "la prova" della sua innocenza. La cosa incredibile è che la sua condanna non verrà mai annullata, perché altrimenti si
scoprirebbero i veri responsabili del misfatto storico perpetrato ai Suoi danni. Ciò non ci impedisce di analizzare nuovamente "le nuove prove", riesaminando proprio il significato delle operazioni rituali svolte da frà Elia quel fatidico giorno e di quello, altrettanto simbolico, delle 12 monete d’argento e dei 12 acini d’ambra, dodici come i 12 torrioni semicircolari di pietra rossa che girano tutt’intorno alla chiesa e che si staccano nettamente dalla cortina bianca. Dodici, che non è altro che la somma del "cinque" con il "sette", che, nel linguaggio mistico esoterico, è l’esempio dell’Ordine Cosmico, dove "l’uomo microcosmo" (il cinque) si incontra con "il Cielo Macrocosmo" (il sette) nella visione della Gerusalemme celeste, fornita di 12 porte e di 12 pietre preziose, che sormontano l’entrata. Ma forse il significato più pregnante del messaggio in codice, lasciato ai posteri da frà Elia a sua discolpa, lo chiarisce molto bene frà Prospero Calzolari, anche lui un massone, forse non praticante, ma sicuramente di spirito, come tanti indizi sembrano confermare, non ultimo la scelta di affidare l’introduzione del Suo libro, da noi tante volte richiamato, ad Alberto Cesare Ambesi, fratello anche Lui di provata fede massonica, passato da tempo all’Oriente eterno, i cui scritti ancora oggi, a tanti anni di distanza dal suo distacco terreno, restano sempre di stimolo e di incoraggiamento a proseguire il cammino di conoscenza intrapreso. Ci consenta quindi frà Prospero di riprendere ancora una volta "aquilonicamente" i suoi rilievi:
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"Questi oggetti, pregni di significato, legati alla complessa simbologia ermetico-alchemica, non si esauriscono come tali, anche perché frà Elia fece in modo che la testa del santo poggiasse su una "pietra angolare" che, secondo il simbolismo tradizionale, non è altro, per la sua forma quanto per la sua posizione, che la rappresentazione simbolica del principio che "la pietra d’angolo" deve diventare "la testa d’angolo" che resta l’unica nell’intero edificio e che "trova il suo posto alla fine della costruzione". Concetto espresso dal Salmo 117, il quale recita testualmente: "La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo; ecco l’opera del signore: una meraviglia ai nostri occhi" "e "la pietra angolare", posta da Elia segretamente sotto la testa di Francesco, indica che "il Suo percorso iniziatico si era compiuto," seguendo un itinerario che lo aveva portato a poggiare il capo sull’ "occultum lapidem", sulla pietra angolare, "sull’’ultima pietra", in realtà la prima, secondo frà Elia, che vedeva in Lui "la pietra filosofale", novello Cristo ed Asse del mondo, il quale con il Suo avvento aveva compiuto l’Opera, aprendo il mondo alla nuova "Età delle Spirito", vaticinata da Gioacchino da Fiore, che, secondo i dettami della mistica ebraica, utilizzava "i simboli" come rappresentazione della "Verità". "Se questo è il significato segreto di questa pietra angolare, si comprende meglio il motivo che portò frà Elia a scegliere la località denominata allora "Colle dell’Inferno" come luogo per l’erezione della Basilica ed a cambiarne il nome in "Colle del Paradiso". Dovette certamente avere in mente le parole di Matteo (XVI, 18):"Tu sei Pietro, e su questa pietra costruirò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno su di essa". "Ma l’ispirazione a costruire la Basilica di Assisi sul "Colle dell’Inferno", da Elia poi ribattezzato "Colle del Paradiso", gli fu data dallo stesso Francesco, il quale aveva detto che "un giorno quel colle sarebbe diventato "Ingresso del Paradiso" (vedi P. Benoffi, Compendio di Storia minoritica, Aggiunta, p.355) > "Porta Del Cielo", ovverosia "Ianua Coeli". Una coincidenza o piuttosto un chiaro riferimento "ai tre stadi dell’Opera", secondo una visione per cosi dire "dantesca" (la risalita al Paradiso attraverso Lucifero). "Anche la triplice struttura della Basilica -fa rilevare Calzolari- induce ad identiche conclusioni. Infatti la suddivisione della stessa tra Cripta, Basilica inferiore e Basilica Superiore si ricollega al "cammino iniziatico", che dalla decomposizione della carne conduce, attraverso il graduale processo di purificazione, alla gloria dei cieli a "rivedere le stelle", concetto che riassume in sé il significato esoterico della condizione spazio temporale, in cui si trova l’uomo che deve sperimentare la vita e le sue prove al fine di spogliarsi delle sue impurità terrene e raggiungere la perfezione". Quest’analisi di Calzolari ci consente inevitabilmente di dare una lettura diversa del Francesco tramandatoci da Bonaventura, di cui non ci sentiamo di condividere le scelte, anche se motivate e giustificate dal particolare momento storico e dall'assoluta necessità di preservare intatto il movimento francescano, roso dalle divisioni e dall'incompresione del messaggio originale di Francesco, di cui ognuno ormai si credeva capace di interpretare e di seguire l'esempio. Francesco aveva mantenuto volutamente il suo stato laico, non prendendo, come è convinzione di molti, "i voti" e quindi non celebrando messa in qualità di "sacerdote". Si veda in proposito il racconto sulla cerimonia del "presepe". Aveva invece molto probabilmente preso "i voti da templare", comportandosi per tutta la vita da
"monaco-guerriero" di pace e non di guerra. Fu il primo e solo fondatore dell 'Ordine del Frati Minori, come De Paynes lo fu per l'Ordine del Tempio, e non a caso ha scelto come simbolo il "Tau" e non la Croce, pur credendo con la stessa dedizione e fermezza in Gesù d
i Nazareh, tanto da rivivivere sul suo corpo la stessa passione e la stessa "via crucis", primo stimmatizzato d'Italia. Dai suoi atti e comportamenti si desume che seguì un preciso "percorso iniziatico laico", seguendo una metodologia tipica di gruppi esoterici, come comprovano non solo i simboli lasciati sulla pietra, ma sopratutto quelli lasciati da Frà Elia intorno al suo corpo, valutazioni che lasciamo a coloro più preparati ed esperti in materia simbolica. A noi piace terminare questa analisi richiamandoci all’ allegoria del Graal e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Graal deriva da sangraal, ovvero "sangue reale", il sangue che ha il potere di purificare i peccati del mondo e giungere a contatto con le sfere divine. Il sangue, lo spirito di Francesco era certamente "reale" e "purissimo" e per questo andava conservato in "una coppa reale", ma non "d'oro", né di pregiato "cristallo". Frà Elia raccolse questo sangue in una
"Coppa di Pietra", perfettamente levigata proprio sotto il Suo "Paradiso", lasciando che i suoi resti mortali continuassero ad essere fonte di quella inesauribile energia divina, di quella potente energia che la santa reliquia continuava a emanare in tutta la Sua intensità, mantenendola indenne da contatti negativi ed impuri. Questa crediamo sia la vera ragione della strenua difesa e del pervicace occultamento di questo magico Sito, anche perché frà Elia aveva mostrato di avere poteri di chiaroveggenza -sapeva leggere il futuro come il più famoso Nostradamus- e molto probabilmente aveva potuto assistere, dal lontano Medioevo, alla mercificazione che sta
avvenendo ai resti mortali di un altro povero ed umile fraticello, Sembra proprio che i Frati del Santuario di San Giovanni Rotondo si siano dimenticati il messaggio di San Francesco e di Padre Pio, fondato sulla povertà assoluta e sulla semplicità. Forse avrebbero dovuto prendere esempio da frà Elia e da Papa Gragorio IX, che ne aveva perfettamente compreso la scelta, rispettandola e tutelandola, come tutti gli altri Papi, che lo hanno seguito fino al 1818.
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